
Esiste uno spazio che non è né dentro né fuori, ma tra. Un ponte sospeso tra l’Io e l’altro, tra l’individuo e il mondo. È in questo “mondo intermedio” che si gioca l’esperienza umana: luogo in cui contatto, relazione e simbolo si intrecciano per generare significato. La domanda, solo in apparenza retorica, resta aperta: siamo entità separate o la relazione tra me e l’ambiente genera un sistema vivente?
La Gestalt Therapy ha esplorato a lungo i concetti di contatto, confine e bisogno, centrali nella relazione Io-Tu. Perls, Hefferline e Goodman distinguono un confine fisico — tra organismo e ambiente — da uno più sottile e fluido, non geografico, carico di significati. È proprio su questa soglia sensoriale che avvengono esperienza, fantasia, apprendimento. Il bisogno ci spinge verso l’altro, integrando corpo e relazione.
Il Sé, lungi dall’essere qualcosa di chiuso, è un processo emergente nella relazione. Perls osserva con ironia che, sezionando il cervello, non troveremmo l’Io, il Super-Io o il Sé: esistiamo solo dove ci manifestiamo, nel campo, nel contrasto con l’altro — come il giorno non può esistere senza la notte.
“C’è un confine tra il Sé e l’altro, e questo confine è l’essenza della psicologia.”
F. Perls
Anche per Jung, il mondo nasce quando viene percepito. Il confine tra dentro e fuori è uno spazio paradossale, che permette un’oscillazione etica tra me e l’altro. Nel dialogo Io-Tu, l’etica incontra l’intersoggettività e genera un nuovo modo di essere, un pattern of behaviour trasformativo.
Abitare questo spazio significa, insieme, adattarsi ai valori sociali e individuarsi: riconoscere luci e ombre personali, accogliere valori e disvalori propri.
Anche il sogno, simbolo per eccellenza, è un modo di abitare il mondo: immagine prodotta dalla vita activa, trasformativa del senso e co-creatrice del Sé. Il simbolo non rappresenta: collega. Unisce aspetti distanti, crea passaggi, rende visibile ciò che non si può dire. È il risultato di un lavoro complesso di tutte le funzioni psichiche. Così accediamo a un mondo intermedio che è più della somma delle parti.
“Attraverso l’attività inconscia viene così portato alla luce un contenuto, costellato in misura uguale da tesi e antitesi, e che nei riguardi di entrambe svolge una funzione compensatrice. Poiché questo contenuto appare in rapporto sia con la tesi che con l’antitesi, esso forma una base intermedia sulla quale gli opposti possono conciliarsi”
C.G. Jung
Il “mare delle immagini” raccoglie molti affluenti: è spazio di rinascita e trasformazione, dove gli opposti si incontrano, si influenzano, si integrano. È l’opus alchemicum: il processo della coniunctio oppositorum nell’individuazione segue una narrazione mitica, capace di contenere i paradossi. La coscienza, in questo processo, non è un fine ma un mezzo.
L’Io tende al controllo, ma deve imparare ad arrendersi. Essere “sufficientemente inconsci” è fondamentale per un problem solving autentico: la sola razionalità porta a soluzioni parziali.
In questa prospettiva, la psicoterapia è un mondo intermedio. Come nella Nuda Veritas di Klimt, lo specchio dell’analisi riflette e interroga le proiezioni, facilita il dialogo con le parti-ombra e il progressivo disinvestimento dall’oggetto proiettato.
Aprirsi a questa contaminazione può essere spaventoso — soprattutto quando un vissuto titanico non riesce a trovare immagine. Ma proprio nel fare immagini (o “fare anima”, per Hillman) si apre lo spazio della trasformazione: la relazione terapeutica rende l’inimmaginabile immaginabile e condivisibile.
Abitare il mondo intermedio significa accogliere il dolore di una storia invivibile e, allo stesso tempo, la speranza del cambiamento. Significa sostare nel conflitto senza esserne travolti, generando pensabilità attraverso sogni, immagini, narrazioni, gesti creativi.
Come terapeuta, non cerco di “sistemare” la situazione del paziente. Lavoro sulla consapevolezza, che nasce al confine tra me e lui, tra lui e il suo ambiente, fiduciosa che da lì emerga la sua autoregolazione più autentica.
La psicoterapia integrata è, in definitiva, un laboratorio creativo che incarna pienamente il mondo intermedio: accoglie contributi di medicina, arte, religione; dialoga con i saperi del presente; si apre alle contaminazioni feconde; valorizza anche i disvalori. È uno spazio vivo, trasformativo, dove l’anima può trovare casa.
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