
Fino all’ultimo respiro ovvero: cambiare l’aria del cinema per sempre.
Con À bout de souffle, nel 1960, Godard sancisce il passaggio al nuovo cinema rischiando proprio tanto quanto il protagonista del film manifesto della Nouvelle Vague. La visione di Godard introduce innovazioni cinematografiche rivoluzionarie figlie della spavalderia di classe che lo contraddistingue. Ad esempio, colloca Coutard (direttore della fotografia) sul sedile posteriore a girare le scene in macchina su strada, all’aria aperta, non più in studio come si preferiva all’epoca.
Il ladro Michel, interpretato dall’indimenticabile Jean-Paul Belmondo, è pronto a tutto pur di essere quel che è: se stesso fino all’ultimo respiro. Perché il pneuma è il soffio vitale che ci accompagna dalla nascita, il ritmo del prendere e del lasciare, attivo e passivo, e ci corrisponde, adesivo, vita natural durante. Una scena eloquente è quella in cui Michel alla guida, cappello e sigaretta, vaneggia sull’onda dell’euforia affermando di non voler “frenare mai“. “É normale: i delatori denunciano, i ladri rubano, gli assassini uccidono, gli innamorati si amano” – aggiunge Michel. Insomma, lui è un ladro e ruberà fino all’ultimo respiro.
Ieri Belmondo ha lasciato molti appassionati di cinema senza respiro consegnando se stesso alla ritrovata eternità. Aveva 88 anni e oggi riposa nel cimitero di Montparnasse a Parigi.
Elle est retrouvée. Quoi? L’éternité. Pierrot le fou, 1965
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