Pas des paroles

Godard si è congedato

Cinémathèque française | Paris | Photo by me

Il silenzio, spesso sottovalutato o temuto, è in realtà una delle forme più sottili e potenti della comunicazione umana. Pas des paroles evoca quell’assenza di parole che, paradossalmente, è carica di significati profondi. In un mondo dominato dal rumore incessante, il congedo di Jean-Luc Godard mi invita a riflettere proprio su quel silenzio che accompagna la fine.

In una scena di Vivre sa vie di Jean-Luc Godard, la protagonista Nana e un uomo – nella realtà il filosofo Brice Parain – intrattengono uno scambio al tavolo di un ristorante. Uno dei temi è il valore del silenzio.
Perché bisogna sempre parlare? A volte bisognerebbe rimanere in silenzio – riflette Nana. Il suo interlocutore annuisce e osserva come, ciononostante, non si possa non parlare.

Da psicoterapeuta, questa affermazione mi fa viaggiare dalla Francia alla California, in particolare alla Scuola di Palo Alto e alle parole iniziali del primo assioma della comunicazione: non si può non comunicare. Comunicare significa esprimersi non solo a parole ma anche attraverso il silenzio.

Ma perché a volte è così difficile non-parlare, o meglio, comunicare senza parole?

Dipende. Da ciò che nella nostra crescita abbiamo appreso sui momenti di silenzio e dall’esperienza del “vuoto”, dello spazio negativo della relazione (con noi stesse e con il fuori) – negativo inteso in termini fotografici, ovvero come spazio complementare e quindi indispensabile affinché l’immagine sia completa, sufficientemente equilibrata, in una parola, affinché sia semplicemente visibile.
Anche in musica possiamo notare come proprio quei momenti di silenzio, che sono gli spazi tra le note e gli accordi, ci permettono di percepire la melodia.

Lo spazio: la chiave di tutte le relazioni, quelle che si creano e coltiviamo dentro di noi e quelle fuori, con le altre persone concrete.
Fa male realizzare quanto ci si senta “più disarmati di ieri” quando un grande artista come Godard smette di vivere.
Forse per questo non ho potuto fare a meno di comunicare, attraverso le parole, all’indomani della sua dipartita.
Ma quanto è importante trovare un equilibrio e restare anche in silenzio, contattando la perdita e quindi la gratitudine per l’arte che sempre ci mostra la via per un’esistenza sostenibile e ispirata!

Il silenzio, allora, non è assenza ma presenza piena. È una forma di ascolto che ci permette di accogliere la complessità del vivere senza sempre volerla spiegare. È nello spazio vuoto tra una parola e l’altra, tra un’immagine e il suo negativo fotografico, tra una nota e il suo intervallo, che si annida la possibilità di sentire davvero.
E forse, come ci suggerisce l’arte – quella di Godard ad esempio – è proprio in quel vuoto che si nasconde il senso più profondo della comunicazione umana.

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