Dalla mondanità del puer al mondo dell’adulto.
Tratto dall’omonimo romanzo di Nick Hornby del 1998, About a boy è un film del 2002 diretto dai fratelli Weitz. Londra. Will è un viveur single di trentasei anni che evita le responsabilità e le relazioni impegnative. Vive di rendita grazie ai diritti d’autore per l’unico successo musicale del padre, una canzone di Natale che ogni anno risuona alla radio amplificando la sua frustrazione. Quando scopre che le madri single rappresentano per lui un ottimo target, ritenendole disperate e povere di aspettative sentimentali, decide di partecipare a un gruppo di aiuto per separati. Lì incontra Susie e comincia a frequentarla fingendosi padre di un bambino abbandonato dalla madre. Poi Will incontra Marcus, il figlio dodicenne di un’amica Susie. Sorprendentemente, i due diventeranno amici scambiandosi affetto e suggerimenti pratici su come emanciparsi dai rispettivi ruoli di nullafacente spezza-cuori e giovane adolescente senza speranza.

Quando un giovane giunge alle soglie dell’adolescenza può ritrovarsi, come Marcus, a correre inevitabilmente dei rischi e ciò richiama l’urgenza di una iniziazione con l’aiuto di una figura maschile. Marcus, però, è totalmente nel regno del femminile: il padre è assente; vive con una madre molto sofferente della quale sembra essere lui a prendersi cura; è imprigionato in un vincolo di dipendenza e fusionalità con le aspettative materne, a svantaggio della sua socialità.
Scrive Hornby: “Marcus sapeva di essere strambo, e sapeva che parte del motivo per cui era strambo era che sua mamma era stramba. (…) A casa stava benone, ad ascoltare Joni Mitchell e a leggere libri, ma questo a scuola non gli serviva a niente. (…) e dato che era diverso si sentiva a disagio, e dato che si sentiva a disagio si sentiva trascinare via dalla corrente, lontano da tutti e tutto” (p. 20-21). La percezione di disagio e diversità rispetto ai compagni sembra provenire dalla ferita per una vita carente di “padre” e dalla vergogna per essere un’estensione della figura materna.
Considerando degli estremi, dalla vergogna si può uscire in due modi: attraverso un’euforica ascensione che, nel tentativo di ribellarsi alla madre, allontana in realtà dal mondo paterno, oppure con il vittimismo, che costringe alla fusionalità con la madre rendendo schiavi a vita. Hornby descrive poeticamente lo stato di indifferenziazione, usando come espediente il canto ad alta voce di Marcus: “Aveva sempre una melodia in testa (…). Per qualche motivo non riusciva a sentire la differenza tra dentro e fuori, perché non sembrava esserci differenza. Era come quando vai a nuotare in una piscina riscaldata in una giornata calda e puoi uscire dall’acqua senza accorgerti che stai uscendo perché le temperature sono uguali: quando cantava gli succedeva una cosa del genere” (p. 21).
Esiste una terza strada per il superamento della vergogna: si tratta di una seconda nascita, attraverso un mentore. Si tratta di un’iniziazione che emancipa dal materno e avvicina all’anima di tutti gli uomini. Ad assumere questo ruolo in About a boy sembra essere Will. Dando uno sguardo alla sua vita viene da chiedersi a quale boy l’autore si riferisca. Will non vive dei suoi diritti, ma dei diritti del padre: quindi non vive la sua vita. Questo passaggio del romanzo è esemplificativo: “essere fico secondo le classifiche di una rivista maschile era per lui quanto di più vicino ci fosse a una sorta di realizzazione. (…) quando pensava a quelli come lui (…) intendeva quelli che non facevano niente tutto il giorno, e che non avevano voglia di fare un granché. (…) Non era più necessario avere una vita propria: bastava dare un’occhiata alla vita di qualcun altro, come veniva vissuta nei giornali (…)” (p.14).
Will delega al collettivo la sua esistenza, senza prendersene la responsabilità individuale. Marcus, invece, è carente sul piano del maschile universale, ma ciò rappresenta un’urgenza affinché possa difendersi dal vissuto di un materno individuale invasivo. Quando un uomo ultra-trentenne, com’è Will, non riconosce la necessità dello svilimento del puer, rimane superbo: identificato nell’atteggiamento aereo, vive sulla chioma dell’albero, rifiutandosi di impegnarsi, come succede a Will nelle relazioni sentimentali, sociali e lavorative. È il contatto con la fragilità umana nella figura di Marcus che lo affranca da quell’intorpidimento mondano e gli permette di recuperare la fase della discesa nel dolore necessaria alla crescita nel mondo.
Marcus trova in Will la funzione del mentore che agevola il passaggio all’adultità attraverso una dinamica che non può risolversi in un’equazione di causa-effetto, bensì in una relazione basata sulla circolarità. I due sembrano coinvolti su entrambi i versanti, infatti, attivando reciprocamente un dialogo tra le parti. Will a sua volta avvia il processo di rottura dalla madre procurando a Marcus l’accesso al “mondo del padre”. Il trasferimento in questo mondo non implica rinnegare la madre, ma lasciar andare quella parte del puer al servizio del legame con il materno che lo mantiene in una posizione di dipendenza.
Come metafora complessiva, non è un caso che Killing me Softly rappresenti la traiettoria che unisce tutti i personaggi. Colonna sonora del film a più riprese, rappresenta ogni volta una variazione sul tema della crescita come uccisione simbolica di una parte. Cantata dalla madre di Marcus in apertura del film, assume un tono depressivo e cela una sorta di suggerimento: il ragazzo deve uccidere quella madre; quando il giovane ne accenna le note in classe, senza accorgersene, il brano sottolinea la sua inconscietà: per differenziarsi non può agire softly, ma con ferma determinazione; infine, la performance allo spettacolo della scuola è una commovente immagine della complicità creativa dei due protagonisti. Marcus è impaurito dal pubblico di compagni bulli, ma Will riattiva la sua parte ludica e intraprendente a favore del giovane, il quale trova il coraggio di essere se stesso sul palco e finalmente entrambi interpretano una canzone di cui questa volta sono gli autori, “singing clear and strong”*.
Bibliografia di riferimento
R. Bly, Per diventare uomini, (1990), Arnoldo Mondadori Editore1992.
N. Hornby, Un ragazzo, Ugo Guanda Editore Parma 1998.
M.L. von Franz, Puer aeternus, RED edizioni 2009.
Tribeca, Working Title & C. and P. Weitz, (2002), About a Boy, Regno Unito, Usa.
*Fox, C. e Gimbel N., “Killing me softly with His Song”. Da Lori Lieberman, Capitol Records, 1972.
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